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Partita IVA per gli influencer: tutto quello che devi sapere

Dopo anni di incertezza e di improvvisazione, la figura dell’influencer diventa gradualmente più definita anche sotto l’aspetto fiscale e giuridico. Se la tua attività di creator sui social non è più occasionale ed inizia a generare un certo seguito e un guadagno più o meno consistente, ecco cosa devi sapere.

Aprire partita Iva influencer

L’influencer è un personaggio pubblico. Deve la sua fama ai contenuti che condivide con regolarità sui suoi canali social. L’influencer guadagna non solo attraverso le visualizzazioni, la pubblicità online o con le donazioni dei fan, ma anche attraverso le collaborazioni avviate con marchi più o meno noti. Da qui la necessità di aprire la partita Iva e di emettere fattura.

Anche se è possibile avere delle collaborazioni occasionali – cioè limitate nel tempo, per un massimo di 30 giorni per ciascun committente – attraverso lo strumento della ritenuta d’acconto, se svolgi un’attività regolare sui social, a prescindere dall’entità del fatturato, dovrai comunque aprire la Partita IVA, versare le tasse al fisco italiano e i contributi alla Gestione Separata dell’INPS. Ciò vale sia per i micro che per i macro influencer. Ricorda che se sceglierai di aprire una ditta individuale, dovrai anche procedere con l’iscrizione al Registro delle Imprese della Camera di Commercio.

Codice Ateco content creator

L’apertura della partita Iva è un’operazione che non prevede costi elevati. Puoi aprire una partita Iva come content creator in questo modo: recandoti direttamente presso la sede più vicina dell’Agenzia delle Entrate; online sul sito dell’Agenzia delle Entrate (inviando il modello AA9/12); affidandoti a un consulente di fiducia (ad esempio un bravo commercialista). Per procedere, e ottenere così il codice univoco composto da 11 cifre, devi prima di tutto individuare il codice Ateco di riferimento.

Per le nuove professioni ci sono ancora delle questioni non definite. L’influencer – così come il copywriter o il social media manager – è una figura professionale nata da pochi anni. Dunque, non c’è ancora un codice identificativo univoco (come accade, invece, per lavori più tradizionali come l’ingegnere o l’avvocato). Per superare questo problema, potrai scegliere tra i seguenti codici Ateco:

  • 73.11.02 – Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari;
  • 73.11.01 – Ideazione di campagne pubblicitarie.
  • In alternativa, potrai scegliere un codice Ateco più generico, come 74.90.99 (Altre attività professionali NCA).
  • Il 73.11.02 – al momento – è il codice più utilizzato dai content creator.

Tutti i codici menzionati hanno un coefficiente di redditività del 78%: un dato da memorizzare per poter calcolare l’ammontare delle tasse da pagare. L’elenco dei codici Ateco tra cui è possibile scegliere, in base alla peculiarità dell’attività svolta sui social, è piuttosto lungo. C’è, ad esempio, chi suggerisce – per i content creator – i codici 62.02.00 (Consulenza nel settore della tecnologia e dell’informatica) o 90.01.09 (Altre rappresentazioni artistiche). Entrambi i codici appena citati hanno un coefficiente di redditività del 67%. Ricorda, infine, che in futuro potrai aggiungere nuovi codici Ateco a quello con cui hai inizialmente aperto la partita Iva. Ciò è valido soprattutto se deciderai di offrire – ad aziende e follower – una gamma di servizi collegati, ma differenti.

Come paga le tasse un influencer

Una volta ottenuta la partita Iva, dovrai scegliere il regime contabile a cui aderire. Anche in questo caso, la consulenza di un bravo commercialista sarà fondamentale. La soluzione più vantaggiosa, nei primi di attività come content creator, è ad oggi il regime forfettario: un regime agevolato per i freelance che guadagnano fino a 85.000 euro all’anno. La principale agevolazione consiste nel versamento di una sola imposta sostitutiva, con aliquota fissa al 5% per i primi cinque anni (se possiedi i requisiti di start-up) o al 15% per sempre, sul fatturato annuo, meno una percentuale per le spese sostenute, che dipende dal coefficiente di redditività del tuo codice Ateco.

I versamenti si effettuano con il modello F24. Tra gli altri vantaggi, per chi sceglie il regime forfettario, ci sono: l’esenzione IVA, che consente di offrire tariffe più competitive rispetto ai concorrenti che invece seguono il regime ordinario; l’esonero da studi di settore, esterometro, ecc.; una contabilità semplificata, con una più semplice conservazione e numerazione delle fatture. Dal prossimo anno, infine, anche chi ha scelto il regime forfettario, molto probabilmente, dovrà passare alla fatturazione elettronica, a prescindere dall’ammontare del fatturato.

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Come paga i contributi un influencer

Ultimo passaggio, ma altrettanto importante, è l’iscrizione alla cassa di previdenza, obbligatoria per poter versare i contributi previdenziali. L’influencer, come altre figure professionali che operano in settori innovativi, non ha al momento una specifica cassa di riferimento, né un ordine o un albo (come l’Ordine dei Giornalisti, per chi esercita questa professione). Un content creator, dunque, dovrà iscriversi alla Gestione Separata INPS, nella sezione riservata ai liberi professionisti. Nella Gestione Separata INPS i contributi sono a percentuale, quindi vengono calcolati di anno in anno in proporzione al fatturato.

La questione ex Enpals

C’è inoltre un’altra questione in sospeso. Al momento, infatti, appare ancora in dubbio se gli influencer siano tenuti anche all’iscrizione presso la cassa di previdenza “ex Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo). Ciò in quanto questa nuova professione non risulta ad oggi inserita tra le categorie dei soggetti da assicurare al fondo pensione per i lavoratori dello spettacolo (cosa prevista, invece, per attori, modelli e così via). Vista l’incertezza, bisognerà analizzare di volta in volta il singolo caso e verificare se, in considerazione della sostanziale attività svolta dall’influencer, quest’ultimo possa o meno essere considerato un personaggio del mondo dello spettacolo, con il conseguente obbligo della doppia contribuzione previdenziale, Gestione separata INPS ed ex Enpals.

Influencer senza partita iva: si può?

Come già detto, l’obbligo di apertura della partita Iva scatta nel momento in cui si svolge una qualsiasi attività in modo abituale e continuativo. Se invece l’attività viene svolta in modo occasionale non è obbligatorio aprire la partita Iva. Tuttavia, è necessaria una precisazione aggiuntiva. Uno degli errori più diffusi, per quanto riguarda l’esonero dall’apertura di una partita Iva, è quello di considerare occasionale una prestazione che non superi i 5.000 € l’anno. In realtà, una prestazione di lavoro autonomo occasionale si verifica nel caso in cui l’attività sia caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e organizzazione. Tutte le volte in cui queste condizioni vengono meno, a prescindere dal superamento della soglia dei 5.000 €, il lavoratore sarà obbligato ad aprire una partita Iva, scegliendo poi il regime fiscale.

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