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L’importanza della compliance nella comunicazione pubblicitaria degli influencer

L’influencer marketing è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, diventando una delle forme più popolari ed efficaci di pubblicità online. Solo nel 2022 la stima di raccolta in Italia è + 300 milioni di euro.

Infatti, ormai la totalità delle aziende si affida, per promuovere i propri prodotti, a influencer e creator che, tramite lo sviluppo di veri e propri storytelling sui social media, sono in grado di raggiungere un numero elevatissimo di consumatori, influenzandone profondamente le scelte di acquisto.

Tuttavia, mentre è sotto gli occhi di tutti – nativi digitali e non – l’importanza che hanno assunto gli influencer nelle campagne marketing dei brand, non è sempre chiaro che i contenuti pubblicati da un creator, quando hanno natura commerciale, saranno del tutto equiparati ad una vera e propria pubblicità e, per tale ragione, devono sottostare a determinate regole.

Cosa si intende per natura commerciale?

Per prima cosa è necessario chiarire questo aspetto: non tutti i contenuti che contengano un endorsement per brand, prodotti o servizi hanno natura commerciale: “commenti spontanei, opinioni, preferenze – da qualunque soggetto provengano – in quanto libera espressione del pensiero” (Digital Chart, cfr. infra) non costituiscono comunicazione pubblicitaria.

Un contenuto ha natura commerciale quando c’è un legame materiale tra influencer e brand.

In sostanza: il soggetto non sta semplicemente raccontando uno stralcio della propria vita quotidiana, non sta facendo un endorsement spontaneo di un prodotto che ha comprato e gradito, ma vi è un accordo – anche tacito – tra azienda inserzionista e creatore, che apporta ad entrambi un beneficio. Il creator riceverà un compenso in denaro o il prodotto stesso, quale corrispettivo dei propri post, e l’azienda avrà in cambio la visibilità dei propri prodotti e/o marchi.

Tale legame deve essere necessariamente reso noto agli utenti del social network: infatti, in linea di principio, non è illecito condizionare il comportamento commerciale altrui, inducendo un proprio follower ad acquistare il prodotto di un brand con cui si collabora, ma occorre che gli utenti siano consapevoli di trovarsi al cospetto di un messaggio pubblicitario.

Quali regole bisogna rispettare?

Una volta chiarito che i contenuti pubblicati dagli influencer devono essere considerati pubblicità, quando alla base vi è un accordo con il brand che viene sponsorizzato, è fondamentale capire quali norme occorre rispettare, per evitare di incorrere in illeciti.

In primo luogo, è necessario tenere a mente che i post, le storie, e simili (quando hanno natura commerciale) sono sottoposti a tutte le leggi e i regolamenti che si applicano alle forme più classiche di pubblicità, come, ad esempio, le norme a tutela del consumatore o a protezione dei minori, ma anche quelle che riguardano lo specifico settore interessato, come cosmetici, integratori, prodotti farmaceutici, ecc.. Il brand che decide di collaborare con un influencer dovrà pertanto fornirgli tutte le informazioni corrette e veritiere da condividere con la propria community. La veicolazione di messaggi ingannevoli costituirebbe senz’altro una pratica scorretta, a prescindere dal media con cui viene posta in essere (tv, radio, billboard ed anche, appunto, account social di un content creator). Immaginiamo, ad esempio, un brand di cosmetici che ingaggia un influncer e chiede che siano comunicate, in modo inganenvole per il consumatore, le inesistenti virtù miracolose di una nuova crema antirughe. O, ancora, l’azienda che vuole pubblicizzare una nuova promettente dieta vantando prerogative anche di natura medica, non realmente possedute dal kit alimentare.

In secondo luogo, come già chiarito sopra, è necessario esplicitare il legame esistente tra brand e influencer e rendere manifesta per gli utenti la finalità promozionale del messaggio. Ogni tipo di endorsement commerciale è infatti soggetto agli obblighi di trasparenza della comunicazione pubblicitaria, derivanti da diverse normative.

Nel nostro ordinamento, la pubblicità non trasparente è sanzionata sia dall’Autorità Garante della Conocorrenza e del Mercato (AGCM), sulla base del Codice del Consumo, che configura , la pubblicità occulta come pratica commerciale scorretta, in quanto ingannevole per i consumatori (artt. 19 e ss.), sia dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) – un organismo di giustizia privata a cui aderisce la quasi totalità dei brand inserzionisti.

Infine, oltre a tutto il corpo di norme, di natura statale o autodisciplinaria, applicabili alla comunicazione commerciale in generale, per regolare specificamente il fenomeno della pubblicità online e, in particolare, dell’influencer marketing, moltissimi paesi e, all’interno di questi, diverse autorità, hanno adottato delle linee guida che esplicitano i vari accorgimenti di disclosure da adottare nel mondo digitale.

food influencer che si riprendere mentre cucina

La Digital Chart

«La comunicazione commerciale diffusa attraverso internet, quali che siano le modalità utilizzate, deve rendere manifesta la sua finalità promozionale attraverso idonei accorgimenti»

In Italia, lo IAP nel giugno 2016 ha emanato la c.d. Digital Chart, oggi integrata all’interno del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. La IAP Digital Chart ha individuato i parametri generali a cui gli influencer devono uniformarsi per rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale delle loro sponsorizzazioni.

Quali sono questi accorgimenti che devono essere adottati?

Occorre che la natura di comunicazione commerciale sia esplicitata e resa nota all’utente attraverso l’inserimento di determinate diciture (che vedremo a breve nel dettaglio) in modo ben visibile e, possibilmente, nella parte iniziale del post.

È ammesso anche l’uso di #hashtag, purchè visibili e chiaramente inseriti nella didascalia o in sovrimpressione.

Anche nel caso di contenuti “a scadenza”, quali ad esempio le IG stories o snapchat, bisognerà adottare gli accoridmenti previsti: i disclaimer dovranno essere sovrapposti in modo ben visibile rispetto agli elementi visivi di ogni contenuto.

Le medesime regole valgono anche per i contenuti video. In particolare, se si tratta di un video in streaming le avvertenze dovranno essere ripetute nel corso della trasmissione. Dunque, in caso di inserimento di un prodotto o un marchio (con finalità commerciali) sarà necessario porre in sovrimpressione un disclamer nelle inquadrature di inizio e di fine del video, o in corrispondenza delle inquadrature contenenti il prodotto/marchio.

INDICAM ON AIR un podcast sull’influencer marketing raccontato da Camilla Di Fonzo, Associate presso lo studio Greenberg Traurig e da Benedetta Raboni, Brand Protection Associate in Fendi. Si analizzano problematiche, legislazioni europee e internazionali e best practice

Come si sceglie la dicitura da inserire?

Gli influencer operano attraverso diversi modelli di business.

Di riflesso, anche la Digital Chart, a seconda di quale sia il rapporto sottostante tra le parti, distingue tra diverse tipologie di endorsement e, per ognuna, indica obblighi di disclosure differenti. Per tale ragione l’azienda inserzionista e il content creator dovranno sempre verificare con attenzione la Digital Chart, eventualmente anche supportati da un legale specializzato, in modo da individuare correttamente l’ashtag o la dicitura da inserire nel caso specifico.

Tra le varie modalità con cui influencer e brand collaborano, la più importante macro-distinzione è senz’altro quella tra committenza vera a propria (il c.d. ‘adv’) ed il product placement non retribuito (il c.d. ‘gifted by’).

#Adv

La prima fattispecie è costituita dal classico advertisement: l’influencer conclude un vero e proprio accordo con l’inserzionista per la promozione di un prodotto/brand e, in cambio di produzione e pubblicazione di contenuti, riceve un corrispettivo in denaro. In questo caso, l’influencer dovrà rendere manifesta la finalità promozionale del contenuto postato impiegando una dicitura del seguente tenore: “Pubblicità/Advertising”, “Promosso da … brand/Promoted by … brand”, “Sponsorizzato da … brand/Sponsored by … brand”, “in collaborazione con … brand/In partnership with … brand”, “adv”, “ad”.

#Giftedby

Nel caso del product placement non retribuito invece il rapporto fra influencer e brand si limita all’invio occasionale da parte dell’azienda dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore, e l’influencer li cita, li utilizza o li mostra nei propri post.

In questo scenario è però opportuno distinguere due fattispecie differenti.

Nel primo caso l’azienda invia prodotti sperando che l’influencer li mostri nei propri post (spesso attraverso la modalità dello scarto del regalo in diretta, c.d. unboxing) o offre all’influencer un servizio a titolo gratuito (per es. un pernottamento, un trattamento, ecc.) o beni materiali che non rimarranno in suo possesso (per es. vestiti che dovrà restituire), ma non chiede nulla in cambio all’influencer, che è poi libero di decidere se creare o no un contenuto promozionale avente ad oggetto il regalo. In questa fattispecie, gli obblighi di disclosure in capo all’influencer sono rispettati con l’inserimento di disclaimer quali “prodotto inviato da … brand”, “giftedby”, “suppliedby”, “regalo” o equivalenti.

È importante tenere a mente che la Digital Chart prevede che in questo caso l’inserzionista ha l’onere di “informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invio del prodotto, dell’esistenza dell’obbligo di inserire tale disclaimer. In questo caso la responsabilità dell’inserzionista è circoscritta alla segnalazione all’influencer dell’esistenza di tale obbligo.” Ciò vuol dire che, al momento dell’invio del regalo, il brand deve adeguatamente informare l’influencer sull’obbligo di inserimento di un disclaimer quale “giftedby” nel post di unboxing. Qualora l’influencer non rispetti tale obbligo, il brand può non essere ritenuto responsabile ove dimostri di aver correttamente informato l’influencer.

  • Diversa è, invece, la fattispecie in cui il prodotto inviato o il servizio offerto costituiscono la specifica retribuzione di un’attività richiesta all’influencer e concordata precedentemente con questi (l’azienda invia un prodotto all’influencer, chiedendo in cambio visibilità sui social media; l’influencer accetta l’accordo creando dei contenuti e trattenendo il prodotto ricevuto quale corrispettivo della prestazione effettuata). In questo caso, poiché si è concluso un vero e proprio accordo tra le parti, la fattispecie rientra nello schema classico di pubblicità e gli accorgimenti da utilizzare saranno quelli equivalenti ad “adv” (par. 1).
influencer moda che mostra i vestiti

Affiliate marketing

Un’altra forma di collaborazione è quella definita affiliate marketing. Si configura quando l’influencer fornisce sui propri account social un link che rinvia al sito/shop del brand o direttamente ad un prodotto, o codici sconto che, di fatto, una volta attivati, generano un introito sotto forma di commissione per l’influencer, il quale quindi non viene remunerato quindi a tariffa fissa come negli altri casi (mediante denaro o prodotti), ma in percentuale. Anche nell’ambito di questa forma di collaborazione, è necessario esplicitare se sussite un rapporto tra influencer e brand. Pertanto: se i codici sconto e/o i link sono forniti all’influencer nell’ambito di un accordo di collaborazione e in cambio di un corrispettivo in denaro, sarà necessario inserire le diciture relative all’adv; se invece i codici sconto e/o i link sono stati forniti insieme ad un regalo, allora si potranno usare i disclaimer relativi al gifted by.

Inviti a eventi

La Digital Chart disciplina anche il caso in cui il rapporto tra influencer e brand si limiti all’invito da parte di quest’ultimo alla partecipazione ad un evento (si pensi ad una sfilata o alla prima di un film). In tutti i post, le stories e le altre comunicazioni diffuse che diano notizia di un prodotto o marchio in relazione all’evento, l’influencer dovrà informare la propria community che la partecipazione è avvenuta su invito del brand. Anche in questo caso la Digital Chart pone sull’inserzionista l’onere di informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invito, dell’esistenza di tale obbligo di disclosure. La responsabilità dell’inserzionista è circoscritta alla segnalazione all’influencer dell’esistenza di tale obbligo.

INDICAM ON AIR un podcast sull’influencer marketing raccontato da Camilla Di Fonzo, Associate presso lo studio Greenberg Traurig e da Benedetta Raboni, Brand Protection Associate in Fendi. Si analizzano problematiche, legislazioni europee e internazionali e best practice

User Generated Content

La medesima disciplina si applica anche agli user generated content che abbiano natura di comunicazione commerciale. Tale natura deve essere indicata sempre con chiarezza, con l’adozione di uno degli accorgimenti indicati nei paragrafi precedenti.

Cosa accade se non si adottano gli accorgimenti previsti?

Mentre da un lato endorsement veritieri possono certamente aiutare gli acquirenti a compiere scelte di acquisto più consapevoli, dell’altro, il loro uso ingannevole danneggia sia i consumatori, sia i competitor che invece agiscono in maniera trasparente.

L’AGCM e lo IAP supervisionano sull’utilizzo corretto di queste forme di pubblicità. L’AGCM ha più volte ricordato – nei suoi vari interventi istruttori e di moral suasion relativi a casi di pubblicità occulta sui social media – che queste modalità pubblicitarie devono essere chiaramente riconoscibili ed ha stabilito che il divieto generale di pubblicità occulta ha portata generale e deve perciò essere applicato anche alle comunicazioni diffuse dagli influencer tramite social network.

È molto importante tenere a mente che, in caso di non conformità con la normativa applicabile, incorrono in responsabilità sia gli influencer, sia i brand. Le conseguenze negative prospettate possono variare dalla rimozione dei contenuti online, sino a vere e proprie sanzioni pecuniarie per tutti i soggetti coinvolti, graduate sulla base della gravità e della durata della violazione e del fatturato dell’azienda.

INDICAM ON AIR un podcast sull’influencer marketing raccontato da Camilla Di Fonzo, Associate presso lo studio Greenberg Traurig e da Benedetta Raboni, Brand Protection Associate in Fendi. Si analizzano problematiche, legislazioni europee e internazionali e best practice

A cura di Camilla Di Fonzo Associate presso Greenberg Traurig Santa Maria

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