Il legame tra influencer e beni culturali è più solido di quanto potrebbe emergere da un rapido sguardo al mercato. I content creator si trovano infatti ad avere a che fare con le opere d’arte non solo quando sono specificamente ingaggiati da un museo per realizzare una campagna promozionale (o quando un’opera diventa essa stessa un virtual influencer), ma anche in tutti quei casi in cui i beni culturali compaiono nei post o nelle storie in maniera più o meno ricercata.
Si ricade, in questi casi, in quella che viene definita “riproduzione” (digitale) di un bene culturale che in Italia – con un grado di vincolatività ben più elevato rispetto ad altri Paesi – può essere soggetta all’autorizzazione dell’ente che ha in consegna il bene ed al pagamento di uno specifico canone di concessione. Il tema è poco conosciuto ma negli ultimi mesi il dibattito pubblico ha visto crescere la divisione tra chi sostiene la necessità di valorizzare economicamente il patrimonio artistico nazionale (legittimando le richieste di pagamento fatte dai musei ai privati) e chi, al contrario, ne promuove il libero utilizzo in un’ottica di massima diffusione (trattandosi quasi sempre si opere in pubblico dominio).
Le linee Guida del Ministero
La decisione del Tribunale di Venezia che ha inibito a Ravensburger la commercializzazione del puzzle con l’Uomo Vitruviano è stata solo l’ultima, in termini temporali, dopo altri casi che avevano coinvolto il David di Michelangelo e il Tondo Doni, tra riproduzioni fisiche di sculture ed NFT.
A novembre 2022, proprio a seguito delle polemiche connesse all’NFT del Tondo Doni lanciato dagli Uffizi, l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale (Digital Library) del Ministero della Cultura aveva rilasciato le “Linee Guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale” con l’obiettivo di riordinare e razionalizzare i regolamenti in materia di riproduzione e, quindi, semplificare le procedure su scala nazionale.
Lo scorso aprile, il Ministro della Cultura è nuovamente intervenuto sull’argomento pubblicando le “Linee Guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali”.
Ma cosa cambia concretamente per influencer e content creator?
Prima dell’approvazione di queste Linee Guida, solo pochi enti si erano attrezzati per una corretta attuazione del Codice dei Beni Culturali pubblicando i tariffari per l’uso delle proprie opere; e un numero ancora minore si attivava giudizialmente per perseguire gli usi non autorizzati. Lo scenario potrebbe cambiare sensibilmente con l’intervento del Ministero che fissa due principi fondamentali: da un lato, i canoni indicati nelle Linee Guida costituiscono “importi minimi” applicabili solo in caso di specifici tariffari adottati dai singoli enti; dall’altro, la concessione per l’uso dei beni è comunque subordinata alla previa verifica di compatibilità con il carattere storico-artistico dei medesimi beni.
In estrema sintesi, gli enti potranno opporsi agli usi ritenuti non in linea con le caratteristiche delle opere e, in ogni caso, potranno fare affidamento su un tariffario applicabile a livello nazionale per chiedere – anche a posteriori – il pagamento di quanto dovuto. Per gli influencer che pubblicano contenuti a carattere commerciale e pubblicitario, questa struttura normativa impone di porre grande attenzione ai beni culturali riprodotti in post, storie e reel perché il rischio di un’azione degli enti (contro content creator e brand) non può essere escluso.
Tipologie di concessione
Più nello specifico, le Linee Guida prendono in considerazione due diverse tipologie di concessione:
- la riproduzione dei beni, attività suddivisa in 9 macro-prodotti (stampe fotografiche, immagini digitali, videoclip, diapositive, fotocolor, microfilm (duplicazione), ingrandimento da microfilm, fotocopie, scansioni);
- l’uso degli spazi, attività suddivisa in 3 macro-prodotti (spazio in consegna al concedente, riprese video cinematografiche e televisive, servizi fotografici).
Per entrambe le sezioni, le Linee Guida distinguono tra le riproduzioni commerciali e quelle non commerciali, tentando di chiarire i casi in cui autorizzazione e pagamento sono necessari da quelli in cui l’utilizzatore è libero di operare in autonomia. Inoltre, le Linee Guida dettano una disciplina specifica per l’uso di spazi presenti nell’ambito delle strutture in consegna agli istituti concedenti, con la conseguenza che anche la sola creazione di contenuti (riprese, servizi fotografici e attività simili) deve essere gestita con attenzione per evitare il rischio di contestazioni.