L’avvento della “digital transformation” ha permesso la nascita e la diffusione di nuovi strumenti di comunicazione digitale che hanno inevitabilmente stravolto il modo di comunicare e interagire all’interno della società moderna.
In particolare, questo processo tecnologico ha comportato la nascita di nuove figure professionali alcune delle quali ormai definitivamente entrate a pieno titolo nell’organizzazione produttiva di talune aziende. E tuttavia alla velocità di trasformazione del mondo digitale non ha fatto seguito, invece, un adeguato intervento legislativo.
Essere un “social influencer”: luci e ombre
Come noto, infatti, l’influencer attraverso la creazione di contenuti digitali (foto, post, stories, video, etc.) è in grado di “influenzare” nella sponsorizzazione di un prodotto, o servizio, un vasto pubblico di utenti, trasformando i propri followers in veri e propri clienti per un’azienda.
Tuttavia, è proprio per l’assenza di adeguate tutele normative, che ad oggi, molti content creator/influencer rischiano di rimanere vittime di numerose truffe da parte di alcune agenzie di marketing, che dopo aver ottenuto la sponsorizzazione dei propri prodotti o servizi si rifiutano di pagare il compenso pattuito.
Di ciò è un chiaro esempio la vicenda che ha visto protagonista “Sespo”. Nome d’arte di Edoardo Esposito, noto content creator seguito da 3 milioni di followers sulla piattaforma TikTok e 1,6 milioni di followers su Instagram e YouTube.
Sespo ha denunciato in uno dei suoi video pubblicati su TikTok, di aver subito una vera e propria truffa monetaria da un’azienda di marketing con cui stava collaborando da tempo, ma dalla quale non ha mai ricevuto nessun compenso.
Denuncia, che, tuttavia, non è rimasta inosservata sui vari social, ma ha scatenato una serie di reazioni a catena da diversi influencer che hanno dichiarato di ritrovarsi nella stessa identica situazione.
“Ho investito tempo, soldi e creatività per dei lavori che non mi hanno mai pagato”, ciò è quanto dichiarato da Sespo, e nulla, purtroppo, di più vero. Ad oggi, la categoria degli influencer, non viene ancora presa sul serio e l’utilizzo di un social network può essere visto piuttosto come un hobby, un passatempo, e non come un vero e proprio strumento di marketing al servizio delle aziende.
Influencer & Brand: nasce l’esigenza di tutele giuridiche
“Verba volant, scripta manent” recita un famoso proverbio latino. Sarebbe, infatti, necessario, proprio per evitare queste truffe e non solo, che venisse formalizzato il rapporto che intercorre tra un influencer e le aziende, stipulando, ad esempio, un vero e proprio contratto scritto al fine di garantire a questa nuova professione il diritto di essere rispettati e retribuiti.
Basti pensare, che l’esistenza di una prova scritta, permetterebbe, alla categoria degli influencer/content creator di presentare un ricorso per decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 633 c.p.c., al giudice civile competente (Tribunale o Giudice di Pace) che gli consentirebbe, non solo di difendersi da eventuali truffe monetarie, ma anche di ottenere una tutela in tempi notevolmente più rapidi e a costi meno elevati rispetto a quelli di un processo ordinario.
Da qui, nasce, pertanto, l’esigenza di un’attenzione a livello normativo, per queste nuove categorie “digitali” che vanno di pari passo con una società in continua evoluzione e necessitano ormai di vere e proprie tutele.